Statuti comunali

A partire dal XIII secolo, in quella che viene chiamata anche l’età dei comuni, vi fu un fiorire del diritto statutario, sia locale che personale, che assunse caratteri diversi a seconda delle varie località. Si distinguono di solito due grandi categorie di S., quello comunale e quello corporativo. Lo S. comunale viene in genere distinto anche da quello rurale, che era proprio di aree geografiche ancora in qualche modo dipendenti dalla giurisdizione feudale, con autonomia molto minore di quella concessa ai liberi comuni. L’interesse che gli S. comunali suscitano negli studiosi e collezionisti di cose locali è dovuto soprattutto alla presenza di un elemento costitutivo del tutto nuovo, quello delle ”consuetidines locorum”, che rappresenta la manifestazione più evidente di autonomia locale. Altri elementi propri degli S. furono i ”brevi”, norme scritte dalle magistrature locali (consoli, dogi ecc.), e le leggi comunali vere e proprie. Il contenuto degli S. C. è assai vario a seconda del luogo e del tempo, anche se l’ordinamento sistematico viene di solito classificato in due grandi categorie: quello lombardo-tosco, suddiviso in quattro libri (ordinamento comunale, diritto criminale, diritto privato, giurisdizioni speciali, materie di polizia), ai quali se ne possono aggiungere altri due (responsabilità per danni, procedimenti di appello), e quello romano, in cui la materia criminale è in genere posta al IV o V libro. Raramente, però, gli S. riuscivano a coprire tutti i campi del diritto, e spesso si doveva tornare a far ricorso al diritto romano giustinianeo.