Raccolta di canti della Chiesa romana giunti a noi dai primi tempi del Cristianesimo. Secondo Giovanni Diacono fu compilata da Gregorio Magno. L’insieme costituisce da sempre il corpo principale della musica liturgica cattolica. Il termine fu usato nei tempi più recenti per indicare solo il libro contenente i canti dell’ufficio delle ore, mentre quello contenente i canti della messa viene definito ”Graduale”.
Quale sia stato l’apporto reale di Gregorio Magno alla realizzazione dell’Antifonario è difficile stabilire. Non si sa molto, in realtà, delle sue reali conoscenze di musica. Durante il XIX secolo il musicologo belga François Auguste Gevaert (1828-1928) sostenne che a Gregorio non si doveva riconoscere nemmeno la compilazione e sistemazione del volume, che sarebbe stata opera di papi successivi. Oggi si tende a rivalutare l’opinione di Giovanni Diacono, e si ammette che Gregorio abbia almeno partecipato attivamente alla compilazione dell’opera.
Si tratta della summa dei canti in uso nell’antichità cristiana, ed il lavoro del compilatore, o dei compilatori, non fu sicuramente facile. Si attribuisce a Gregorio la fondazione a Roma di una Schola cantorum che fornì il modello di tutte le istituzioni simili successive, in particolare di quella, importantissima, fondata a San Gallo in Svizzera. La scuola romana era depositaria dell’antico canto cristiano, e ne favorì la diffusione in tutto il mondo cattolico.
Nella sua forma attuale, l’A. non corrisponde all’originale, ed è databile solo dopo la metà delll’VIII secolo. Delle sue forme precedenti non restano esemplari. E’ l’unica fonte di conoscenza dell’antico canto latino dell’alto medioevo, noto come canto fermo o canto piano, anche se oggi definito quasi esclusivamente ”canto gregoriano”.
Prima di Gregorio era stato S. Ambrogio, a Milano, ad interessarsi di questo tipo di composizione, in particolare in quella forma nota ancora oggi come ”canto ambrosiano”, una delle poche varianti note del gregoriano.
Mantenutosi immutato per secoli grazie alle rigide regole liturgiche, durante il Rinascimento subì gravi alterazioni e modifiche, evidenti nella ”editio maedicea” dell’A, la quale, molto studiata dai musicologi fino al XIX secolo, creò, per la sua scarsa attendibilità, numerosi malintesi.
Fu il tenace lavoro di alcuni benedettini di Solesme (in particolare si ricordano Joseph Pothier, 1835-1923, e André Mocquereau, 1849-1930) che consentì di risalire ad un A. più puro di quello mediceo. Dai loro studi prese origine l’Editio Vaticana, voluta con motu proprio da Pio X nel 1904.
Si usa distinguere, anche se è una classificazione fittizia e semplicistica, due tipi principali di canto gregoriano: quello noto come ”accentus”, simile al linguaggio parlato, declamatorio e sillabico (una sola nota per ogni sillaba del canto), e il ”concentus”, con caratteristiche di più spiccata cantabilità e ricchezza di vocalizzi (il ”melisma”, cioè una lunga sequenza di note diverse utilizzate per cantare una sola sillaba). Il primo tipo è in gran parte di derivazione ebraica, e comprende infatti la salmodia, cioè il canto dei Salmi (ma anche quello dei Vangeli, delle Epistole, dei Versetti ecc.); il secondo tipo comprende la Innodia, cioè il canto degli inni, di derivazione siriaca e quasi sicuramente introdotta in Italia da S. Ambrogio, che è anche riconosciuto quale autore di quattro Inni. Viene usato anche per i canti allelujatici e per le parti variabili della messa.
Ricordiamo che, nonostante l’opera si chiami ”Antifonario”, l’antifonia propriamente detta si ha in quei canti nei quali il coro si dispone in due gruppi separati che si alternano nella esecuzione.
Chiunque abbia visto o posseduto un A. non può non aver notato la particolarità della notazione musicale. Si tratta di una questione che da sempre impegna i musicologi, e non è del tutto chiarita. Gli esemplari più antichi sono scritti nella notazione detta ”neumatica” (dal greco neuma=segno, anche se non tutti concordano su questa etimologia). Deriva dall’antico canto greco, che utilizzava gli accenti (acuto, grave, circonflesso) per indicare una diversa acutezza della voce. Proprio dall’accento acuto, trasformato latinamente in ”virga” -che ha in pratica la stessa forma- si prese il ”neuma” che indicava elevazione dell’acutezza; l’accento grave, utilizzato per l’abbassamento, divenne il ”punctum”; l’accento circonflesso, che indicava gruppi di due o più suoni da utilizzare con la stessa sillaba, diede origine ai neumi composti, segni particolari (”pes, podatus, clivis, porrectus, torculus”..) che divennero progressivamente sempre più complessi.
C’ è una bellezza, un fascino anche visivo nella distribuzione dei neumi, disposti in modo da dare al cantore l’impressione visiva dell’alzarsi e abbassarsi della voce. Si otteneva così anche un aiuto mnemonico al cantore stesso.
Fu all’incirca all’epoca di Guido d’Arezzo (995? – 1050) che i segni neumatici si trasformarono notevolmente, ingrossandosi ad una estremità e disponendosi in un sistema di linee e spazi. Questa ”notazione quadrata”, che è in pratica l’antenata della notazione musicale attuale, non abbandonò più i libri liturgici. Solo in tempi ancora successivi, però, le note scritte assunsero il significato di veri e propri rapporti di valore: comparve così la musica ”mensurale”.
L’interpretazione mensurale che alcuni hanno imposto al canto gregoriano è perciò considerata da molti musicologi un assurdo a priori. La notazione gregoriana originale non stabiliva rapporti esatti tra le varie note, ma più semplicemente indicava inflessioni generiche della voce, di tipo più oratorio che musicale. Si rifaceva cioè all’oratoria comune, al discorso parlato, e come tale andrebbe eseguito.
Comunque sia, l’importanza del canto gregoriano e dell’Antifonario che lo tramanda da più di mille anni, è fondamentale nella storia di tutta la musica occidentale. Gli autori di esso sono in gran parte ignoti, forse più per una lacuna delle nostre conoscenze storiche e per la natura di raccolta collettiva dell’opera, piuttosto che per l’assenza di reali individualità artistiche. E, analizzando bene le varie composizioni, non pochi hanno visto in alcune di esse uno spirito molto più aristocratico che popolare. Solo monodia pura, nessuna armonia. Ma non si pensi a composizioni semplici: qualunque cantore vi può dire quanto difficile sia l’approccio all’esecuzione di questi canti. E nemmeno noiose, nonostante la sottocultura musicale imperante le abbia brutalmente allontanate dall’interesse dei più.
La radice del canto gregoriano è la stessa radice del cristianesimo originario, mescolata ad influenze greche e latine. Il senso di abbandono mistico, di elevazione religiosa, che da sempre affascina chi ascolta questi canti, traspare già dalla notazione musicale. Per chi la sa leggere, perfino la pagina musicale rappresenta lo slancio spirituale dell’anima umana verso la divinità.
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Come libro, l’antifonario è raro, ma non, in generale, rarissimo. Praticamente sempre di grande formato, è stato riprodotto in forma manoscritta almeno fino al XVIII secolo e agli inizi del XIX, quando già esistevano edizioni a stampa. La rilegatura usuale è in pelle o pergamena negli esemplari più recenti, ad assicelle di legno in quelli più antichi.
Quasi sempre è realizzato a due colori (rosso – nero). Il pregio di un esemplare manoscritto dipende ovviamente da molti fattori, che sono, anzitutto, i materiali e i contenuti artistici ”aggiunti”, oltre che l’epoca. Molte copie sono realizzate su pergamena, ma ne esistono anche su carta pesante. I grandi capolettera decorati aggiungono valore ed interesse all’esemplare, ed esistono numerosissime copie con grandi lettere miniate, in genere con immagini religiose, che, a seconda del valore dell’artista che le ha realizzate, possono rendere inestimabile il prezzo di un Antifonario.
Il cattivo costume di vendere le pagine separate, o ritagliare le iniziali figurate o, peggio che mai, le miniature, per ottenere quadretti da appendere alle pareti, al solo scopo di ricavare maggior guadagno dalle singole parti smembrate, è solo l’ennesimo esempio del nostro degrado culturale (inarrestabile?) e della tendenza diffusa alla più trita mercificazione del nostro patrimonio non solo storico e artistico, ma anche di quello spirituale. Ed è imputabile solo in parte alla scarsa moralità di qualche commerciante senza scrupoli. In gran parte è dovuta alla pochezza di chi certe cose le apprezza e le acquista…
Antifonario Gregoriano
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