Nannucci Vincenzo

Filologo, scrittore, bibliotecario italiano (San Mauro presso Signa 1787 – Firenze 1857). Di origini contadine, studiò nel  seminario di Colle e nel collegio Eugeniano di Firenze, riuscendo ad acquisire buone conoscenze linguistiche e filologiche.
Divenne sacerdote, ma rinunciò alla carriera ecclesiastica per insegnare greco e lingue orientali a Ravenna nel 1815. Compose però un inno a favore di Gioacchino Murat che aveva occupato la Romagna e si compromise politicamente. Fu costretto a lasciare la città, per Bologna e poi Firenze, ma perdurando l’ostilità nei suo confronti, andò in esilio a Corfù per una ventina d’anni. Insegnò lingua e letteratura italiana nel liceo di Itaca e diresse la Gazzetta degli Stati uniti delle isole Jonie oltre a una rivista satirica.
Tornò a Firenze intorno al 1840. Pubblicò il Manuale letterario del primo secolo della lingua italiana in tre volumi e vari testi di lingua e filologia italiana, spesso in contrasto con le opinioni della Crusca.
In ristrettezze economiche, ottenne aiuto da George John Warren, barone di Vernon, appassionato di letteratura italiana, che gli offrì sostegno economico sufficiente a continuare e approfondire gli studi di filologia e letteratura. Grazie a quell’aiuto, poté pubblicare l’ Analisi critica dei verbi italiani investigati nella loro primitiva origine e il commento a Dante di Pietro Alighieri : Petri Allegherii super Dantis ipsius genitoris Comoediam Commentarium.
Fu accolto nell’Accademia della Crusca nel 1847, ma la abbandonò per i continui contrasti con alcuni componenti .
Il governo granducale era riuscito  solo ad offrirgli un modesto impiego come sottobibliotecario alla Riccardiana, lavoro grazie al quale, però, aveva potuto svolgere i suoi studi e le sue ricerche. Negli ultimi anni della vita preparava una nuova edizione del Manuale letterario; riuscì a pubblicare solo il primo volume, e nella prefazione si lasciava andare ad una furiosa polemica contro Pietro Fanfani,  il quale continuò a replicare e a criticare il lavoro di filologo del N. anche dopo la morte di quest’ultimo. Fu però difeso strenuamente, post-mortem, dal Carducci, che in una lettera pubblicata nel  1865 su La civiltà italiana scriveva al Fanfani: “un po’ di rispetto, di grazia, per il povero contadino di Signa che salì in nominanza per vie tutt’altro che passe e coperte, che lavorò indefesso e non remunerato… che ridotto a campar la  vecchiaia sua e, credo delle sorelle con la mercede di un manovale, illustrò la lingua antica d’Italia con tanta erudizione”.