Il Bamboccio. Novella Toscana con prologo ed epilogo

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Firenze, 1902

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Descrizione

Homberger E., Manfroni M.
Emilia Peruzzi. In Memoria. Il Bamboccio. Novella Toscana con prologo ed epilogo
Firenze, Stabilimento Tip. G. Civelli , 1902
In 8° (13,5 x 21,5) ; pagine 122, (2), prima edizione. Emilia Peruzzi nata Toscanelli (1827-1900), moglie di Ubaldino Peruzzi, fu donna energica, attivissima e instancabile conversatrice. Negli anni di Firenze capitale il suo salotto, ospitato nella sala rossa del palazzo fiorentino di Borgo dei Greci, fu rinomato e ben frequentato. Vi si potevano incontrare i più fulgidi ingegni del tempo, fossero essi politici, scrittori, poeti, giornalisti: Silvio Spaventa, Cesare Alfieri di Sostegno, Ruggiero Borghi, Emilio Visconti Venosta, Michele Amari, Pasquale Villari, Sidney Sonnino, Mariano Fogazzaro, Marco Minghetti. Nonostante le divergenze politiche, anche Edmondo De Amicis fu molto amico della signora Emilia e proprio nel suo salotto furono letti e discussi i primi capitoli dei suoi Bozzetti militari. Nonostante la differenza d’età lo scrittore ebbe con Emilia un rapporto schietto e duraturo (in una lettera del 1886 la chiama «mamma, bontà, sorella mia») e dopo la morte le dedicò un lungo scritto, pubblicato nel 1902, incentrato sul suo salotto e i personaggi che lo animavano. Di lei ricorda che «parlava molto, di arte e di letteratura in special modo, ma senza ombra di presunzione e di saccenteria». Ma soprattutto riusciva a far parlare gli altri, tanto che suo marito le ripeteva, scherzando: «Tu sei come il direttore d’una compagnia drammatica, che fa recitare a ciascuno la parte che recita meglio». Enrico Homberger, giornalista tedesco che al tempo di Firenze capitale fu molto amico dei Peruzzi, le dedicò la novella Il Bamboccio, nella quale sotto le mentite spoglie di Donna Ersilia ne fece la figura cardine dell’intera narrazione. La descrive come una donna «tutta attività e movimento» che, seduta davanti a una lunga tavola tutta piena di libri e carte, discorreva animatamente continuando senza interrompersi a scrivere una lettera, ed «era ad un tempo un’indefessa parlatrice e un’assidua epistolografa e sapeva – come Cesare – badare nello stesso tempo a più cose». Ad Antella, aggiunge poi, «era opinione di tutti che si sarebbe stancato prima l’Arno di menar acqua che la signora Ersilia di fare opere buone e buoni discorsi». Pur malata e ormai cieca, Emilia, sopravvisse nove anni al marito, amorevolmente assistita dalla fedele segretaria Irene Brunelleschi, nativa del Bigallo. Si spense l’8 maggio 1900. I fiorentini, con irriverente arguzia, così commentarono la sua scomparsa: «Qui giace/ e finalmente tace/ la donna più loquace./ Requiescat in pace».  Brossura editoriale con titoli entro cornice tipografica a lutto alla copertina. Minimi segni del tempo è copia buona.