Elvira Mancuso e la situazione della donna nella Sicilia post-unitaria

Di Elvira Mancuso non c’è traccia in molte storie della letteratura italiana. E’ vero che non scrisse molto: qualche novella, qualche libro di poesie, un romanzo, un pamphlet sulla situazione della donna. Tuttavia, negli anni Ottanta del secolo passato Italo Calvino si impegnò perché la Einaudi recuperasse e pubblicasse il suo unico romanzo, Annuzza  la maestrina, con la prefazione di Leonardo Sciascia. L’impresa non riuscì, e il romanzo fu poi ristampato da Sellerio nel 1990 col curioso titolo di Annuzza.. vecchia storia inverosimile.
Eppure, si tratta di scrittrice oggi ritenuta fondamentale nella storia della letteratura femminile italiana.
Nacque nel 1867 a Caltanissetta (a Pietraperzia, secondo altre fonti) e morì nel 1958 dopo aver sempre vissuto in quell’entroterra siciliano dove non doveva essere facile seguire gli ideali di emancipazione femminile che caratterizzarono la sua vita. Era di famiglia alto-borghese, figlia di un famoso avvocato penalista. Fu nubile per scelta e la sua famiglia, che pure l’aveva incoraggiata a studiare, si oppose alla sua scelta di iscriversi all’Università, ritenendola una forzatura al costume dell’epoca. Laureatasi a Palermo, si dedicò all’insegnamento nelle scuole elementari, attività che continuò fino al 1935, fortemente convinta che l’istruzione offrisse alle ragazze l’unica speranza di emancipazione e affrancamento da un ruolo che nella cultura isolana (ma anche in quella italiana in generale) sembrava, per le donne, deciso fin dalla nascita.
Esordì come scrittrice nel 1898, sulle pagine della rivista Cornelia, fondata da Angelo De Gubernatis, con la novella Storia Vera.  Si firmava con gli pseudonimi Lucia Vermanos e Ruggero Torres, e solo dopo molti anni uscì un articolo col suo vero nome.
Nel 1906 (stesso anno di pubblicazione di Una donna, di Sibilla Aleramo) uscì, stampato a sue spese, il suo unico romanzo Annuzza la maestrina. E’ un’opera di stampo verista, fortemente autobiografica, all’epoca accolta tiepidamente, ma riscoperta negli anni Ottanta e oggi stampata anche in inglese e spagnolo.
E’ la storia di Annuzza Milazzo, nata a Pietraperzia da famiglia modesta, determinata a diventare maestra combattendo contro tutti i pregiudizi che mortificano il ruolo della donna.
L’anno successivo, il 1907, la Mancuso pubblica un pamphlet intitolato Sulla condizione della donna borghese in Sicilia: appunti e riflessioni, da noi proposto nella nostra collezione di opuscoli. Si tratta, in pratica, del manifesto ideologico di quanto espresso, in forma narrativa, nel romanzo.
Da tutte le conquiste della borghesia, la donna non ha ricevuto che il magro conforto di servire un padrone più libero, più potente, più lieto di vivere.. Il sacrificio continuo dei suoi diritti, della sua personalità, le sembrano cose fatali e necessarie, ordinate dalla natura e da Dio
Elemento fondamentale del suo pensiero è l’accesso all’istruzione delle donne. La scuola ha il compito di renderle consapevoli della propria autonomia Un testo che anticipa di più di 50 anni il movimento femminista, e che, all’epoca, fu condannato all’isolamento e all’oblio.
Durante l’epoca del fascismo non risulta che la Mancuso abbia scritto nulla. Si dedicò esclusivamente, fino al 1935, alla sua attività di maestra elementare.


Scheda Bibliografica
Mancuso Elvira
Sulla condizione della Donna Borghese in Sicilia, appunti e riflessioni
Caltanissetta, Tip. Dell’Omnibus F.lli Arnone, 1907
Opuscolo in 8°(13,5 x 20); pagine 12. Brossura editoriale a stampa.